Storia e studio del dialetto gaetano
Salvatore Antetomaso
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PREFAZIONE
. Uno studio del dialetto gaetano non è cosa semplice perché
approfondirlo compiutamente ed in maniera soddisfacente, sarebbe andare
oltre i normali limiti di capacità e conoscenza. Le regole grammaticali,
ognuna con le proprie numerose eccezioni, sono troppe per poterle
analizzare tutte; e non parliamo della fonetica a causa della quale, per
recepime suoni e sfumature, si rischia di impazzire senza, peraltro, ottenere
risultati apprezzabili.
Mentre lavoravo, ripetendo decine e decine di volte le parole per
definirne l’accento, il suono, il tono e la cadenza, avevo la mente sovrastata
da un intenso frastuono lessicale; un assordante vocio, volgarmente definito
"casino", ma Ruuoce nella sua fonna dialettale.
Completare l’impegno è stato un gioco, un divertimento, anche se,
paradossalmente, a tratti fastidioso. Però è stato fatto senza alcuna
ambizione e, soprattutto, senza la presunzione di voler insegnare il dialetto
gaetano a qualcuno che non lo sappia già.
Ed infatti, il lavoro non è indirizzato a lui, per il quale sarebbe più
comodo, proñcuo e dilettevole, fare delle rilassanti passeggiate per le strade
di Gaeta, in particolare nell’animata Via Indipendenza e nei suoi palpitanti
vicoli, e fermarsi a chiacchierare con la gente.
Chi, invece, quel dialetto, lo conosce e lo parla già, potrà, come
capitato a me, trovare, in queste pagine, il piacere di scoprire gran parte di
quelle regole che, fin dall’infanzia e senza rendersene conto, ha sempre
applicate.A partire dal secondo dopoguerra, a causa della vasta frequenza nella
scuola primaria, della diffusione del cinema, della radio, della televisione e
dell’abno1me influenza degli scambi linguistici dovuti ai contatti con
persone di altre realtà semantiche, il dialetto gaetano si è via via
italianizzato e tanti termini tradizionali, venendo meno usati, rischiano di
scomparire per sempre. Perciò, quando mi sono trovato nella necessità di
dover decidere fra due diverse espressioni linguistiche ho preferito quella
più arcaica, proprio per garantime la conservazione.
Considero questo studio soltanto un inizio, una Piccola Grammatica,
sperando che altri, dopo di me, la facciano crescere e diventare Grande.
Ogni buon cittadino concorda con quanti riconoscono nel dialetto i
valori storici e culturali del proprio paese, ma non può identificarsi con
coloro che sostengono e teorizzano un suo primato sulla lingua nazionale.
Tuttavia, pur conservando l’originale spirito di dìvertissement, a chi sostiene
la necessità di insegnare il dialetto nelle scuole, con questo modesto lavoro,
mi vien polemicamente da rispondere: "Per quanto ci conceme, noi siamo
pronti!". Come per dire: “Che fczvisse crére?! .... ”
Fin qui la premessa alla precedente edizione di questo lavoro, a suo
tempo presentata come ricerca.
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